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martedì 15 giugno 2010

MM&D - 3

Ecco la terza striscia. La linea è un pò più chiara rispetto alle prime due.
Le cose per la povera Melody si rivelano sempre più complicate... ed ora che cosa succederà? Mi piacerebbe che foste voi lettori a decidere. Io la mia idea ce l'ho già. Ma vorrei che la vostra partecipazione a questo progetto fosse totale. Esprimete le vostre proposte nei commenti ed io sarò felice di tenerle in debita considerazione...

Love

domenica 16 maggio 2010

My life in 90s - Un tè in compagnia

I recenti episodi di cronaca legati a Stefano Cucchi e il suo omonimo Gugliotta, pestati da alcuni personaggi operanti nelle forze di polizia che forse dovrebbero onestamente cambiare mestiere, mi hanno fatto riaffiorare alla memoria un episodio avvenuto poche settimane dopo il mio trasferimento nella operosa Milano , all'epoca ancora da bere. Non c'è giudizio in ciò che racconto, solo il ricordo dello stupore provato davanti alla follia della violenza.


Nonostante l’avvicinarsi della stagione più fredda, il clima di Milano era ancora accettabilmente mite. Il mio primo mese di vita in quella città era trascorso quasi senza che me ne accorgessi per quanti eventi si erano avvicendati in rapida sequenza: avevo ottenuto una sceneggiatura di prova dal direttore di “ Topolino “ Gaudenzio Capelli in persona con la benedizione di Giovanbattista Carpi; frequentavo il “ Movimento Umanista “ che mi aveva consentito di conoscere un centinaio di persone in una sola giornata, permettendomi di superare l’eventuale disagio prodotto dalla solitudine, oltre a proporre idee e attività che avrei condiviso per un lungo periodo.

In quel pomeriggio d’Ottobre 1991 ero uscito dagli uffici della Disney di Via Dante 16 tenendo in mano il dattiloscritto sulla base del quale avrei dovuto realizzare le mie prime tavole di fumetto. Decisi di fermarmi da qualche parte in centro per mettermi a leggere tranquillamente; avevo poca voglia di tornare a casa, per non ritrovare troppo presto lo squallore della stanza affittatami in nero in quell’appartamento alla periferia di Sesto S. Giovanni che dividevo con due giovani i quali si sarebbero rivelati individui dal comportamento irrispettoso, arrogante e opportunista.

Giunto sotto i portici di Piazza Duomo, mi accomodai ad un tavolino del bar che allora esponeva l’insegna di una storica azienda dolciaria milanese. Ordinai un tè caldo, bevanda dal costo ancora sostenibile per le mie poco corroborate finanze, che avrei potuto sorbire in un tempo tale da consentirmi di leggere le venti pagine sceneggiate da Carlo Panaro. Il sole era ormai tramontato, cedendo alla luce artificiale dei lampioni il compito di rischiarare la suggestiva piazza.
E’ strano come una fonte d’illuminazione differente dal chiarore diurno sottolinei dettagli che prima non emergevano. Così, guardandomi intorno, mi accorsi che tra il sagrato della cattedrale milanese e, in corrispondenza della navata laterale sinistra, seduti sui rilievi del basamento a mò di passeri appollaiati sui fili del telefono, si erano radunati numerosi giovani filippini.

Per tutti gli anni ’80 e i primi ’90, la comunità filippina fu la più numerosa fra quelle di etnia straniera residenti in Italia; maghrebini, slavi e latino-americani sarebbero arrivati massicciamente soltanto qualche anno dopo. “ Avere in casa il filippino “ ( o la filippina ) era sinonimo di avere un o una colf, e quando si sospettava di qualcuno che fosse in odor di relazione extraconiugale si utilizzava la frase poco gentile “ si è trombato la filippina “.
E’ una strana popolazione. Metà asiatici e metà latini, parlano una lingua che suona di derivazione ispanica benché alla lettura risulti assolutamente incomprensibile. Osservai per qualche secondo quegli stranieri nei confronti dei quali, data la mia condizione migratoria, provavo un senso di solidale affinità.

M' immersi di nuovo nelle letture Disneyane ma la mia concentrazione fu spezzata dal gusto sgradevole del tè ormai divenuto freddo e da un rumore che mi fece sussultare: una bottiglia di vetro era andata in frantumi a pochi passi da me.
Mi trovai coinvolto in un caos esploso non si sa come. I pacifici, sorridenti ragazzi filippini si erano divisi in due gruppi e si stavano scagliando addosso insulti, lattine e bottiglie di birra vuote. Lo scontro corpo a corpo sarebbe arrivato poco dopo.
Lasciai sul tavolino il residuo di tè ormai imbevibile e feci per allontanarmi evitando di espormi come bersaglio degli oggetti volanti facilmente identificabili.

Chi conosce Milano sa che spesso nella piazza della " Madunina " sostano due postazioni mobili delle forze dell’ordine: presso la Galleria Vittorio Emanuele quella della Polizia di Stato; sul lato opposto, vicino a Palazzo Reale, si trovano i Carabinieri. Mentre cercavo di raggiungere il sottopassaggio della Metropolitana al centro della piazza, unico accessibile senza dover disturbare lo scatenato sciame cordillero, mi accorsi che proprio uno schieramento di Carabinieri in assetto antisommossa era partito lancia in resta ( cioè sfollagente alla mano ) e stava per caricare i litigiosi filippini che mi ero lasciato alle spalle. Pensai di tornare indietro per evitare la carica ma il mio piano sfumò velocemente: i poliziotti, con la medesima bardatura, erano partiti al gran galoppo dalla direzione opposta. Come il salame nel panino mi trovai a farcire nel mezzo lo spazio completamente invaso da filippini in rotta disordinata, poliziotti e carabinieri all’inseguimento: un vortice di bastonate, trascinamenti a forza e ammanettamenti in cui i colpi di manganello piovevano indiscriminatamente su teste di colpevoli e innocenti che in comune avevano la paura di essere colpiti e l’impiego dell'unico rimedio possibile, la fuga. Benché i miei lineamenti e la mia statura mi rendessero evidentemente distinguibile dai filippini mi resi conto che qualunque cosa accennasse un movimento veniva percossa dai solerti tutori della legge. Io, unica figura immobile al centro di quel pandemonio, chiusi gli occhi, inorridito da tanta violenza in cui buoni e cattivi erano ormai indistinguibili. In quel preciso istante la mia memoria evocò immagini di una stagione che non avevo conosciuto se non attraverso la visione del Telegiornale, componendo i fotogrammi di un altro film molto simile a quello che si stava proiettando in Piazza Duomo quella sera: il ’68, le proteste studentesche, le camionette della celere, le molotov, il sangue che virava in rosso il grigio dei cubetti di porfido.
Certo, una banale rissa scatenata da alcuni ragazzi che avevano bevuto troppo non era la stessa cosa. Però mi lasciò la medesima impressione.

Si creò un finalmente corridoio all'interno di quell'agglomerato umano e potei guadagnare l’accesso alla Metro senza conseguenze. Sul corpo, almeno. Rientrai nell’appartamento a tarda sera. I miei coinquilini stavano salmodiando il rosario delle prede femminili catturate in settimana mentre si preparavano ad accogliere per il weekend le fidanzate inconsapevolmente cornute. Salutai malvolentieri i due vanitosi fedifraghi e andai a dormire. Violenza e idiozia: troppa merda da sopportare in una sera sola.

mercoledì 21 aprile 2010

MM&D - 2


Ce l'ho fatta. Nonostante tutte le interferenze e le provocazioni della sorte, ho terminato questa seconda strip e posso pubblicarla. Da questo momento mi auguro che la strada sia prevalentemente in discesa. Sarò molto confortato dai vostri commenti, amici lettori, e vi esorto a creare un passaparola affinchè questo blog sia sempre più frequentato. Prometto maggiore costanza nella pubblicazione di scritti e disegni ma quanto più vi sentirò vicini tanto più utilizzerò questa energia per realizzare il mio lavoro dedicato a tutti voi.

Love

sabato 17 aprile 2010

Un mese difficile-parte 2

... e, come se non bastasse, il PC si rompe in un momento decisamente inopportuno. Scrivo da un notebook di emergenza prestatomi da un angelo informatico che, non a caso, si chiama Gabriele. La prossima strip è pronta ma potrò pubblicarla solo la prossima settimana. Siate pazienti...

AGGIORNAMENTO:
se non capita nient'altro e il PC non mi tradisce, entro pochi giorni si ricomincia a postare!

venerdì 26 marzo 2010

Un mese difficile


Un mese.
Un mese senza pubblicare nulla. Eppure mi ero ripromesso di mantenere una produzione costante in modo da alimentare una continuità affettiva con i lettori del blog che tanto avevo esortato a seguirmi. Le sceneggiature della seconda e terza strip di MM&D erano già pronte e avevo superato i dubbi circa la scelta della soluzione grafica più idonea al mio fumetto portando a compimento il primo episodio.

Era tutto a posto, tutto sembrava funzionare alla perfezione.
Invece l’oste si presenta per mostrarti il totale della spesa che tu riterresti di aver già computato in modo ineccepibile. Così scopri di non avere previsto numerose voci da inserire nel calcolo, i soldi non bastano e invece di alzarti con aria soddisfatta salutando i pochi commensali rimasti a tenerti compagnia vieni spedito in cucina a lavare padelle abbrustolite e piatti unti fino a comprovata estinzione del debito.

Esco adesso dalla cucina. L’oste non mi saluta nemmeno. Respiro l’aria della notte con appagante senso di ritrovata libertà e comincio a percorrere la strada verso casa cercando di mettere in ordine le idee per riannodare le fila di un progetto la cui realizzazione è stata rallentata, non interrotta, da imponderabili eventi che con essa hanno interferito.

Sono al lavoro e la seconda strip, più sofferta della prima perché nata in un contesto emotivo difficile, è quasi pronta. Voglio darvene la prova con la solita anticipazione. Continua il racconto della teenager Melody e del suo stupito terrore nel prendere consapevolezza che il mondo che la circonda ha cambiato aspetto…

domenica 28 febbraio 2010

MM&D - 1


La montagna ha finalmente partorito il topolino... dopo innumerevoli ritardi determinati da motivi indipendenti dalla mia volontà, la PRIMA STRIP DI " ME, MOM & DeAD " E' ON LINE! E adesso rispondete alla stessa domanda che certamente avrà sfiorato la mente della teenager Melody... che cosa fareste se, svegliandovi una mattina, scopriste di essere l'unica persona viva in un mondo di morti..?
( Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione se non autorizzata )

domenica 14 febbraio 2010

Anteprima


In questi giorni ho ultimato le matite della prima strip di " Me, mom & dEad "... prometto la pubblicazione entro la fine della prossima settimana. Intanto vi offro una anteprima sporca di grafite. ( Il Copyright è di mia proprietà. E' vietata la riproduzione delle immagini se non autorizzata )

My life in 90s - è cambiato...tutto?

Con questo post inizio la pubblicazione di alcuni racconti ispirati alla Milano che ho conosciuto, quella dei primi anni '90. Anni importanti e drammatici che ricorderò, in rigorosa sequenza non cronologica, legandoli ad esperienze personali.


Il terzo anno che trascorsi a Milano, 1994, ebbe un inizio concitato che mi avrebbe condotto ad una rinascita professionale e umana. Forzato da circostanze che rendevano insopportabile la mia permanenza in quell’abitazione, alla fine dell’anno precedente avevo preso coraggio lasciando il vecchio appartamento di Viale Monza che condividevo con altri tre giovani, per prendere in affitto, in zona San Siro, un monolocale largo poco più di una casa di bambole e molto meno elegante. Tuttavia, anche se spendevo più di prima e usufruivo di uno spazio microscopico, la possibilità di vivere in completa solitudine rappresentava la conquista di un privilegio senza prezzo. Non potendo proseguire nel mio ruolo d’illustratore per la redazione di Topolino a causa dei cambiamenti avvenuti in seno alla casa editrice, iniziai a collaborare con i periodici diretti da Elisa Penna. Fu grazie a lei che emersi definitivamente dall’anonimato Disneyano realizzando storie a fumetti con cadenza regolare; contemporaneamente mi dedicai ad approfondire la conoscenza del Reiki ed altre forme di terapie complementari. Mi sentivo felice ed appagato.

Un sabato pomeriggio, incoraggiato dal tepore della stagione primaverile, mi diressi a piedi da casa mia verso il centro della città. In un’ora di buon cammino potevo arrivare in Piazza Duomo. Non ricordo bene perché ma, giunto in Piazza de Angeli cambiai direzione e mi ritrovai in una via sulla quale, in modo meno solenne di quanto avrei potuto immaginare, si presentava un edificio di architettura tardo ottocentesca la cui facciata, dipinta di color giallo ittero, m'ispirava profonda tristezza: il Pio Albergo Trivulzio.

In quel preciso istante presi consapevolezza del fatto che sostavo davanti ad un monumento. Proprio in quella struttura di accoglienza per anziani, il 17 Febbraio di due anni prima era stato arrestato il dirigente Mario Chiesa mentre riceveva una mazzetta per la concessione di un appalto ad una impresa di pulizie. Da lì aveva mosso i primi passi l’inchiesta conosciuta come Tangentopoli che aveva scatenato un effetto domino tale da abbattere perfino l’uomo più potente dell’Italia di allora: mentre continuavo ad osservare quel casamento, riemerse il ricordo di Bettino Craxi quasi linciato a colpi di monetine davanti all’ Hotel Raphael di Roma; e di Milano governata dal luogotenente nonché di lui cognato Paolo Pillitteri, anch’egli poi indagato nell’ambito della medesima indagine. Mi resi conto di vivere proprio in quella città nella quale si era generata una serie di eventi che io, non guardando più la TV né leggendo i quotidiani, avevo percepito in modo sordo, ovattato, come se fossero accaduti in un paese lontano. E invece avevano sconvolto l’establishment facendo sprofondare la “ Prima Repubblica “ in un’apocalittica voragine. Mi allontanai sommessamente mentre continuavo a pensare che quell’ ospizio dall'aspetto innocuo era il simbolo di un periodo che aveva cancellato le vecchie regole della politica in modo irreversibile.
Avvicinandomi alla fermata della Metropolitana in Piazzale Gambara la mia attenzione fu attirata da alcuni manifesti affissi su un muro sbeccato: l’uomo in doppiopetto blu che posava a braccia conserte mi sorrideva promettendomi un Nuovo Miracolo Italiano; non lo presi molto sul serio ma l’ultimo pensiero che avevo formulato cominciò silenziosamente a vacillare.

giovedì 28 gennaio 2010

Diabolik



All’età di undici anni fui ricoverato in clinica per sottopormi ad un intervento di tonsillectomia. Avrei dovuto trascorrere due o tre giorni in quella stanza bianca e spoglia, per fortuna illuminata dal caldo sole della primavera siciliana.
Alcune ore dopo il mio risveglio successivo all’operazione, sofferente per il dolore alla gola e per la noia, ricevetti dalla mamma due graditi omaggi consolatori: una granita alla mandorla e alcuni volumi di un fumetto dal titolo inquietante: Diabolik.

Appena un anno prima il tascabile con le storie del fuorilegge in calzamaglia nera aveva già fatto capolino nella mia piccola libreria dove fino ad allora si poteva trovare solo “ Topolino “ quando un giorno mia madre, che insegnava in un Istituto Magistrale, ne portò a casa un paio di numeri che aveva sequestrato ad uno studente poco interessato al suo vaticinio. Mi bastò sfogliare poche pagine per rendermi conto che quella snella figura maschile che si confondeva con la tenebra notturna esercitava su di me un fascino particolare. Mi piacevano gli eroi mascherati: Paperinik, Zorro, Batman, Fantomas. Non mi importava sapere se fossero buoni o cattivi, ero attratto dal mistero.

Quando cessò definitivamente il mio rapporto con la Disney Italia andai in cerca di nuove collaborazioni. Contattai Mario Gomboli, sceneggiatore storico della serie creata dalle sorelle Giussani e loro erede editoriale, per proporgli alcune prove di inchiostrazione e disegno. La prima piacque molto, un po’ meno il secondo anche perché, provenendo dal fumetto umoristico, avevo difficoltà a adattarmi a quel realismo quasi fotografico definito dal grande Sergio Zaniboni. Tuttavia non vi era spazio né per il primo né per il secondo ruolo. C’era però una terza possibilità : la scrittura. Le idee o i soggetti per le storie, i trucchi per le fughe, i “colpi “ ( intesi come furti ). I primi esperimenti non riscossero grande successo; difficile anche per me che quasi conoscevo la “ diabolika “opera omnia, trovare delle idee originali. A questo si aggiunge il fatto che Mario, ancorché gentile e disponibile, è un professionista ultra impegnato e ha poco tempo da dedicare alle letture delle nuove proposte. Un giorno incominciai a scarabocchiare uno storyboard con Diabolik ed Eva Kant protagonisti. Quando disegno le idee mi vengono più chiare e quella sequenza che avevo creato mi parve un’idea vincente. Chiamai Mario e gli dissi solo: “ devo farti vedere una cosa che secondo me ti piacerà “. Probabilmente il mio entusiasmo era tale che riuscii a incuriosirlo. Ci incontrammo il giorno dopo a pranzo, gli mostrai lo storyboard e… gli piacque. Ne nacque una storia che fu pubblicata nel Luglio 2004 firmata da me e lo stesso Gomboli ; la sceneggiatura fu affidata a Patricia Martinelli e disegni ad Enzo Facciolo. Confesso che la mia trama originale fu in buona parte riscritta da Gomboli che la semplificò adeguandola a quelli che riteneva fossero degli stilemi più consoni alle storie di Diabolik ma la sequenza che si svolge da pag. 15 a pag. 20 è pura farina del mio sacco. La fedele riproduzione di quello storyboard che mi ha permesso di entrare nella storia del terzo periodico a fumetti più longevo d’Italia.
Vi lascio con un mio disegno dedicato al criminale dai mille volti, sormontato ( per esigenze di layout ) dalla copertina di quel numero intitolato “ L’altra donna “.

giovedì 14 gennaio 2010

Me, mom & Dead


Vi avevo promesso un'anticipazione del mio progetto. Questo è lo studio per una pin-up. Il titolo lo avete appena letto... tanto per suggerirvi l'ambientazione e l'atmosfera di questa strip. Altre immagini arriveranno molto presto.
Stay tuned

Come sono finito qui?

A volte mi chiedo: come sono finito qui? E’ stata una mia scelta accuratamente ponderata, un piano meticolosamente studiato oppure si è creata soltanto una serie di fatalità che mi ha fatto sfiorare la conquista di un obiettivo a lungo desiderato per poi sottrarmelo proprio nel momento in cui avrei potuto offrire il mio piccolo contributo alla narrativa a fumetti?
L’arte del disegno l’ho appresa da autodidatta. E’ una delle poche che permetta di creare opere ambiziose, direttamente proporzionali al talento individuale, pur disponendo di una strumentazione poco costosa. Bastano un foglio di carta e una matita; o una penna.
E’ un’arte povera e silenziosa ma come tutte le arti richiede studio e applicazione; e soprattutto confronto.
Mi sarebbe piaciuto recitare come Al Pacino e suonare il sax come John Coltrane o Dave Brubeck. Quando disposi di mezzi sufficienti per frequentare una seria scuola di teatro avevo già superato i limiti d’età. Idem per la musica.
Il disegno invece mi ha tenuto compagnia fin da giorni talmente lontani nei miei ricordi che sarebbero caduti nel più tenebroso oblio se non fossero stati fotografati nella mia memoria di bambino proprio grazie a quei tratti di biro con i quali tentavo di realizzare dei proto-fumetti ad imitazione di quelli che leggevo su “ Topolino “. Strano a dirsi ma quell’infantile imitazione sarebbe proseguita negli anni fino a materializzarsi sulle pagine colorate del medesimo settimanale e di altri periodici all’interno dei quali recitavano i personaggi tanto amati in tenera età.
Proprio allora mi resi conto che l’infanzia era terminata da un pezzo. E che il sogno dorato si stava lentamente trasformando in una realtà un po’ meno pregiata.

Coming Soon: My life in the ’90 episode 1